Voglio un olivo bello e decorativo per il mio giardino. Ma perché... perché dovrei avere un bell’ulivo decorativo nel mio giardino se la prospettiva dell’esistere fosse di muovermi fra il dolore e la paura?
Un film che mi colpì intensamente fu “Anna e le sue sorelle” magistralmente diretto e interpretato da Woody Allen. La scena finale è incredibile, un’opera da maestro.
Il personaggio interpretato da Allen è un uomo pieno di domande, di insicurezze. Dopo aver cercato conforto nelle religioni e nella filosofia in una sera di solitudine si punta il fucile alla testa per farla finita ma il sudore della fronte fa scivolare la canna del fucile e il colpo parte contro il muro. Preso dall’ansia e dalla paura, angosciato dal fatto stesso di aver tentato il suicidio, preso dalla vergogna e dal senso della confusione esce di casa… Camminando nelle strade i New York entra in un cinema qualsiasi dove stanno proiettando un film dei fratelli Marx. Benché ancora sotto effetto dello spavento comincia a guardare il film e a ridere… i fratelli Marx sono su una nave e ballano e ridono. Il film è ridicolo ma così ridicolo che Woody Allen fa la seguente riflessione: - “E che diamine come anche puoi solo pensare di ucciderti…, non è stupido? Guarda tutta quella gente lassù sullo schermo… sono proprio buffi. E… e… e… anche se fosse vero il peggio? E se Dio non esistesse? E tu campassi una volta sola e Amen? Non vuoi partecipare all’esperienza? E che diamine non è mica tutto una noia… dovrei smettere ad avvelenarmi la vita cercando risposte che non avrò mai…”
Perché taglio il mio ulivo in quel modo? Faccio delle pallette ad altezze diverse… Spettacolare il mio ulivo è proprio bello. Ma perché, perché non chiamo un giardiniere. Eppure ho i soldi per farlo fare ad un professionista. No! Il motivo è un altro. E penso che la mia mente mi ha ingannato per l’ennesima volta. Ho provato a guardare troppo lontano… troppo, troppo lontano.
Mentre salgo e scendo dal mio ulivo, con non poca fatica mi continuo a chiedere perché lo sto facendo. Si tratta della speranza. Spero un giorno di ricevere i miei amici in un giardino bellissimo, preparare per loro un banchetto di cose buone da mangiare, passare la serata con loro a parlare delle nostre vite.
Si tratta di tutta la speranza. Ecco. Il cubo magico è risolto. Noi abbiamo un disperato bisogno della speranza perché senza la speranza si perde la visione prospettica della vita. Tutto si riduce in un qui ed ora.
La speranza invece (quella che non è desiderio) è un motore potente per tutti i giorni a venire. Tutti abbiamo bisogno della speranza… così come abbiamo bisogno dei super-eroi.
Mi viene in mente il film “Il Grande Gatsby” anche qui il finale è chiarificatore: “Gatsby credeva nella luce verde, al futuro orgiastico che anno dopo anno indietreggia di fronte a noi. Ci è sfuggito allora, ma non importa: domani correremo più forte, allungheremo ancora di più le braccia… E una bella mattina… Così remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato.”
Poco importa se la speranza non viene mai raggiunta, poco importa se non diventiamo mai come i nostri super-eroi preferiti. È la spinta propulsiva di questi pensieri che conta. Sono pensieri di fede… ti mandano avanti. Lo abbiamo detto prima e se anche la peggiore delle ipotesi fosse vera? Che fai? Non vuoi partecipare?
Così accade in molte religioni che parlano della speranza, dell’aldilà. Abbiamo bisogno di quella speranza perché senza finiamo per non costruire nulla, per non fare nulla, per non muovere nulla. Mi riscopro per l’ennesima volta religioso… si religioso. Ma non religioso nel modo di chi crede ad un Dio che gli risolve tutti i problemi. Ma religioso di chi pensa che ogni cosa ha un senso ed un legame con le altre.
Una società che coltiva il nichilismo è una società senza futuro.
Nel mio lavoro e nella vita ho avuto alti e bassi. Ci sono stati giorni che credevo di non farcela… ed infatti non ce la facevo. Altri giorni ho creduto di farcela… e alla fine andava tutto bene. Puoi razionalizzare quanto ti pare ma “credere” o “non credere” una certa cosa influenza la realtà nello stesso modo in cui un elettrone è influenzato dal suo osservatore.
Ecco così non importa come razionalizzerai la vita ma in cosa finirai per “credere”. Così se mio padre decide di oscillare fra la paura e il dolore io continuo ad oscillare fra la speranza a la disperazione.
Mentre potavo il mio ulivo, in quel bellissimo giardino di casa mia mi sono reso conto che è sempre stato meglio rivolgersi alla speranza piuttosto che alla disperazione. Ne mai continuerei a sostenere lo sguardo sul dolore e men che meno sulla paura. Scelgo di coltivare la speranza.
D’altra parte è quello che dovrebbe fare un buon insegnante o un imprenditore. L’economia stessa, nella sua follia è una speranza. Le borse fanno i loro grandi guadagni sulla fiducia dei mercati. Un concetto astratto, certo, ma è l’unica cosa sensata che funziona.
Il freddo razionalismo mi ha fatto venire la gastrite e non voglio passare l’esistenza leccandomi le ferite.
Passerò attraverso questa vita avendo costruito, smontato, ricostruito di nuovo. Forse in alcuni casi negando la brutalità e l’inconsistenza della vita.
Cito: “Nella realtà noi neghiamo altrimenti non potremmo continuare a vivere…” (da Crimini e misfati di Woody Allen” un discorso sulle scelte.
Francamente ero più sereno quanto coltivavo la speranza, negando il freddo nichilismo.
Ecco, torno a potare il mio ulivo perché domani sarà certamente un giorno migliore.